Il collegato lavoro ha apportato significativi cambiamenti alla disciplina del periodo di prova, intervenendo su un istituto da sempre delicato e suscettibile di contenziosi. Le nuove disposizioni, in vigore dal 12.01.2025, stabiliscono una regolamentazione più chiara e precisa riguardo ai contratti a tempo determinato. Per questi ultimi, infatti, la durata del periodo di prova è ora fissata in un giorno di effettiva prestazione per ogni 15 giorni di calendario, a partire dalla data di inizio del rapporto. La durata del periodo di prova ha, comunque, dei limiti di durata minimi e massimi che dipendono dalla durata complessiva del rapporto di lavoro a termine.
Nello specifico, nel caso in cui il rapporto a tempo determinato abbia una durata massima non superiore a sei mesi, la durata minima del periodo di prova dovrà essere di due giorni, mentre la durata massima non potrà superare i quindici giorni di prova.
Nel caso in cui il contratto di lavoro a termine abbia una durata superiore a sei ma inferiore ai dodici mesi, il periodo di prova, calcolato sempre in un giorno di effettiva prestazione per ogni quindici giorni di calendario, non potrà essere superiore a trenta giorni di effettivo lavoro.
Queste disposizioni si applicano salvo previsioni più favorevoli stabilite dai contratti collettivi, siano essi nazionali, territoriali o aziendali.
Eventi come malattia, infortunio o congedo obbligatorio di maternità o paternità comportano un prolungamento automatico del periodo, garantendo così il pieno svolgimento della fase di valutazione per entrambe le parti.
La normativa conferma anche l’impossibilità di sottoporre un lavoratore a un nuovo periodo di prova in caso di rinnovo del contratto per lo svolgimento delle stesse mansioni. Questo principio tutela il dipendente da eventuali abusi, assicurando coerenza e continuità nel rapporto di lavoro.
La regolamentazione, tuttavia, lascia ampio spazio alla contrattazione collettiva, che può stabilire disposizioni ancora più favorevoli per i lavoratori.